Cosa vedere in due settimane in Colombia? Un viaggio on the road alla scoperta dei luoghi simbolo: tra città moderne, cultura hip hop, deserti, giungla e isole tropicali
Il mio viaggio colombiano inizia a 2620 metri sul livello del mare, nella capitale Bogotà.
La città rispecchia alla perfezione la storia e il dinamismo della cultura colombiana, in cui convivono tante anime diverse: quella elegante e raffinata dei quartieri più moderni, quella vibrante degli edifici coloniali di Piazza Bolivar, quella scalpitante dei tanti Graffiti district, soprattutto Candelaria. Bogotà è una città viva, che ha tanto da offrire e lo fa in modo schietto, senza scendere a compromessi per accontentare i turisti.



Piazza Bolivar è il cuore pulsante della città e si anima soprattutto la sera, quando i tanti commercianti arrivano con carretti ricchi di frutta (soprattutto mango, spesso condito con lime e sale), succo di canna da zucchero, obleas (sottili waffle ripieni di dulce de leche) arepas e soprattutto canelazo, una bevanda calda composta da agua de panela (una bevanda ottenuta dalla canna da zucchero), cannella e aguardiente (grappa), un toccasana per fare fronte al clima rigido dettato dall’altitudine.

Al mattino presto imperdibile una camminata fino a Monserrate, la collina che domina tutta la città. La scalata è di soli 2,3 km, ma prevede ben 1605 gradini. Per i più pigri, una telecabina. In cima bancarelle di artigianato locale e canelazo, ma anche tè di foglie di coca e cioccolata calda, spesso servita con formaggio.
Per conoscere al meglio la storia passata e presente della capitale colombiana imprescindibile prendere parte a uno dei tanti Graffiti District Tour, prenotabili su piattaforme come Viator e Civitatis. Bogotà è infatti ricca di Graffiti Districts, aree designate dove è legale utilizzare i muri per creare opere d’arte, che esprimono al meglio l’essenza della Colombia di oggi. Uno dei tanti Graffiti District è La Candelaria, un quartiere centrale ricco di caffè e ristoranti nel quale consiglio di soggiornare.
La storia dei Graffiti District di Bogotà
La storia dei Graffiti District inizia nel 2011, quando la polizia colombiana uccide un giovane artista di graffiti, Diego Felipe Becerra. Dopo l’omicidio, la polizia inscena una finta scena del crimine, sostituendo la bomboletta spray del ragazzo con una pistola. Una volta venuta alla luce la verità, l’episodio scatena una serie di proteste in tutta la città, che culmina con l’istituzione dei Graffiti Districts, aree dove i muri possono essere utilizzati liberamente per creare arte e dare nuova vita ad edifici abbandonati. La cultura dei graffiti è molto sentita in Colombia e scoprire di più sulla loro storia, permette di connettersi al meglio con la cultura del Paese.



In città meritano sicuramente una visita il Museo dell’Oro, che ospita la più grande collezione al mondo di manufatti d’oro di epoca pre-ispanica, e il Museo Botero (con ingresso gratuito), che ospita i quadri dell’artista e quella che fu la sua ricca collezione privata.
Dopo Bogotà, è tempo di prendere un breve volo verso il piccolo aeroporto di Neiva, base di partenza per esplorare il Deserto del Tatacoa, raggiungibile noleggiando un’auto direttamente in aeroporto. Nonostante le strade sterrate, non è necessario noleggiare auto 4×4, comunissime utilitarie vanno bene.
Piccolo excursus sulla sicurezza in Colombia
In molti mi hanno chiesto quanto sia sicura la Colombia, personalmente non mi sono mai sentita in pericolo e non mi sono mai trovata in una situazione poco sicura: se si è turisti responsabili, difficilmente ci si può trovare in una brutta situazione. Una pratica comune su cui vorrei richiamare l’attenzione è però l’usanza della polizia di estorcere soldi ai turisti (soprattutto se alla guida) sotto forma di multe per finte infrazioni dei codici della strada o di donazioni forzate. Se decidete di prendere un’auto a noleggio, siate pronti a dare mazzette ai poliziotti, solitamente uno per regione. La cifra richiesta è solitamente abbastanza limitata (tra i 40 e i 100€), fatto comunque fastidioso già successo anche in altre parti del mondo che mi irrita sempre.
Tornando a Neiva, dopo una donazione forzata all’associazione di volontariato della polizia e dopo qualche decina di chilometri su uno sterrato scorrevole, si arriva nel bellissimo Deserto del Tatacoa. La zona non è presa d’assalto dai turisti, il panorama desertico e mistico, con tante fincas tradizionali in cui si può soggiornare lontani dal mondo al di fuori del parco.

Il Tatacoa è composto da due deserti distinti: il Deserto Rosso, il più scenografico, e il Deserto Grigio, più piccolo e raccolto. Entrambi possono essere esplorati con brevi passeggiate.
Alle 8 di sera imperdibile l’appuntamento con El Profesor, un professore di astronomia che da una decade ogni sera tiene una lezione a cielo aperto sotto le stelle che, grazie all’assenza di contaminazione luminosa, risplendono copiose nel cielo. Grazie alla sua posizione geografica, da qui è possibile ammirare le stelle di entrambi gli emisfero, uno dei cieli stellati più belli che abbia mai visto.



Dopo la visita al Deserto del Tatacoa con l’auto a noleggio raggiungiamo la famosa regione dell’Eje Cafetero, la regione del caffè. Per esplorare una delle regioni più famose e ricche di attrazioni, consiglio di utilizzare come campo base il coloratissimo paesino di Salento o, in alternativa, la bella Filandia (leggermente meno conveniente per i vari spostamenti).




Una giornata intera va sicuramente dedicata ad esplorare la Valle del Cocora con le sue caratteristiche palme andine (wax palms), le più alte al mondo.
Ci sono diversi trekking che permettono di visitare la valle, suggerisco di optare per il giro anti-orario, che raggiunge la piattaforma di osservazione più famosa solo alla fine, ma permette di godersi la giungla in totale tranquillità. A metà strada, merita una deviazione la Casa dei Colibrì, per osservare da vicino i piccoli e variopinti uccellini e degustare una cioccolata calda per affrontare l’ultima parte della camminata.
Non solo trekking: l’esperienza senza dubbio più adrenalinica è da vivere nella vicina Valle della Carbonera, in sella a una bici da downhill. La Carbonera è la foresta di palme più grande al mondo, grazie a Salento Cycling ci si può lanciare giù dai suoi 3400 metri di altitudine, attraversando i fiumi di fango creati dai frequenti temporali improvvisi. Sorprendentemente per una schiva-tombini, sono arrivata a valle con tutte le ossa al proprio posto, dimostrazione che l’esperienza si adatta anche ai meno esperti.




Bici e camminate richiamano una cosa fondamentale: una pausa caffè. Fortunatamente, l’Eje Cafetero è il più grande produttore al mondo di caffè Arabica. Nell’area, numerose fincas offrono tour guidati, io ho scelto il tour della Finca Luger, dove ho potuto camminare tra le piantagioni e toccare con mano tutti i processi della produzione di caffè: dalla raccolta alla tostatura, fino a una meritata prova di gusto.
Il caffè in Colombia
La Colombia non è il più grande produttore di caffè, ma grazie alle sue altitudini, è il più grande produttore di Arabica, la migliore varietà di caffè. Il caffè colombiano ha spesso aromi agrumati e viene solitamente assaporato a tostatura medio-basse. Infatti, i Colombiani preferiscono un caffè più leggero e non lo intendono come bevanda energizzante (il potere della caffeina si ottiene solo da tostature alte), motivo per cui anche l’acqua utilizzata per la preparazione non deve mai essere bollente.
Con il fango del downhill ancora addosso e le buste di caffè della finca sotto braccio, da Pereira mi fanno comunque imbarcare per Medellin.
Medellin è una città caotica, soprattutto arrivando dalla tranquillità delle montagne. Fortuna vuole che capiti in città proprio durante la famosissima Feria de los Flores, un festival che si svolge ogni anno ad Agosto e che culmina con la parata dei Silleteros, contadini delle vicine campagne che giungono in città portando sulle spalle composizioni floreali. Durante il Festival dei Fiori, Medellin si popola di installazioni ed esposizioni a tema, imperdibile quella nel Giardino Botanico della città.



A Medellin merita una visita anche il Museo di Arte Moderna, anche se l’attività imperdibile è il popolare tour guidato della Comuna 13. Il tour a tratti appare un po’ troppo turistico e preparato, ma rappresenta comunque un’ottima occasione per conoscere a fondo la storia complicata di Medellin ed entrare in contatto con la cultura hip hop, che ha sempre giocato un ruolo fondamentale nella città. I tour della Comuna 13 si possono prenotare su vari portali, tra cui Viator e Civitatis, sono gratuiti ma prevedono una fee obbligatoria da pagare in loco (ergo, non sono gratuiti).


Alla sera si possono visitare i quartieri di Provenza e Parque Lleras, turistici (forse troppo) ma molto sicuri, ospitano numerosi ristoranti di cucina internazionale e disco bar. I due quartieri sono anche un’ottima opzione per il soggiorno, in quanto permettono di raggiungere facilmente tutte le attrazioni principali. Per una cena a base di piccoli piatti fusion e accompagnata da cocktail ben eseguiti, consiglio la bella terrazza del Restaurante Mombasa, che ho scovato per caso e scoperto poi essere un cult, quindi consiglio la prenotazione.
Dopo il trambusto e la vivacità di Medellin è tempo per un altro aereo, diretto questa volta a Santa Marta. Altra auto a noleggio e altra mazzetta alla polizia, concluse le pratiche di ordinanza si guida nell’entroterra e si arriva nella bellissima Minca, nella Sierra Nevada de Santa Marta. Nascosta tra le montagne e la giungla, Minca è probabilmente uno dei posti che ho amato di più durante il viaggio. Qui ci si possono godere attimi di completo relax e tranquillità, cullati dai rumori della natura. Molti i percorsi di trekking che partono dalla piccola cittadina, tra cui quello per le belle e rinfrescanti Cascadas Marinka. Area fertile per le piante di cacao, Minca ospita diverse Fincas di Cioccolato, che si possono visitare per conoscere tutti i segreti dietro uno degli alimenti più amati al mondo. Per gli amanti del genere e non solo, imperdibile anche una sveglia all’alba per prendere parte a uno dei tanti tour a piedi di bird-watching, durante il quale si possono avvistare tucani e altri uccelli non meglio identificati dalla sottoscritta. A Minca il caldo e il tasso di umidità sono abbastanza elevati, ma quasi tutti gli hotel hanno accesso al fiume (balneabile) e piscine a sfioro perfette per recuperare energie godendosi un buon cocktail.



Recuperare energie è fondamentale in vista dei giorni successivi, che prevedono due giornate di trekking nel Parco Nazionale del Tayrona. Il parco si può visitare in diversi modi, alcuni dei quali non prevedono alcuno sforzo fisico se non una breve passeggiata, ma per esplorare le aree più remote è necessario allacciare gli scarponcini e camminare.
Infatti, entrando nel Parco da Calabazo, si inizia subito a camminare nella giungla, tra scimmie urlatrici e palme. Qui il tasso di umidità è altissimo e i punti di ristoro sporadici, quindi è fondamentale portare abbastanza acqua. Dopo circa 4 ore di cammino si raggiunge Playa Brava, dove si può passare la notte all’Hotel Playa Brava Teyumakke, l’unico di tutta la zona. L’hotel offre amache e cabine private, oltre a un servizio di ristorazione. Il giorno successivo il trekking si fa più impegnativo: da Playa Brava si risale e si prosegue verso l’uscita opposta, posta a El Zaino. Sono circa 19 chilometri, con almeno 1000 metri di dislivello positivo, perlopiù nella parte iniziale e finale. Durante la camminata ci si può però fermare a fare un bagno nelle spiagge balneabili della costa, come Playa Nudista. Qui non siamo più nella giungla remota con le scimmie urlatrici: l’area, facilmente raggiungibile da El Zaino, è abbastanza turistica, cosa gradita, così si possono recuperare energie con succhi di frutta fresca, limonada de coco e gelati.
Se siete amanti della natura e della pace, vi consiglio di seguire l’itinerario che vi ho descritto: la zona di Playa Brava vi permetterà di connettervi con la rigogliosità della natura circostante, nutrendo la ricerca di quel qualcosa in più.



Per quanto ami la natura e i luoghi più remoti e meno turistici, dopo due giorni passati a sudare e avvistare uccelli e scimmie nella giungla, il mio corpo ogni tanto ha bisogno di tornare nella sua comfort zone, quindi dopo il Tayrona mi fiondo nella piscina a sfioro dell’Hilton di Pozos Colorados, vicino a Santa Marta. Cocktail al tramonto in piscina, una cena raffinata, una buona bottiglia di vino e turisti americani che in due settimane hanno visto solo questo, decisamente non il mio tipo di vacanza, ma un più che apprezzato momento di relax.
Un’esperienza culinaria Arhuaco (indigena) al Waku Restaurante
Ospitato proprio all’interno dell’Hilton, il Waku Restaurante offre un’interessante rivisitazione della cucina Arhuaco (indigena) utilizzando solo prodotti locali: da provare. Nota di merito anche per gli ottimi cocktail.



Renintegrati i sali, è finalmente tempo di dirigersi verso la città colombiana più colorata, vivace e fotografata: Cartagena. A Cartagena si scopre una nuova Colombia: quella Caraibica fatta di case coloniali dai colori accesi che si affacciano sul mare e che a tratti ricordano L’Avana. La città è piena di vita: il quartiere di Getsemani, il più scoppiettante, San Diego, raffinato e curato con i suoi negozi eleganti, e l’intero quartiere interno alle vecchie mura, da cui si ammira il miglior tramonto della città. Cartagena è una città in cui perdersi, esplorando tutte le sue viette, fermandosi a rinfrescarsi con una limonada de coco o facendo uno spuntino con le tipica arepas de huevo. Per cena, imperdibile il ristorante Celele (da prenotare con anticipo) e una ceviche nel ristorante preferito di Anthony Bourdain, La Cevicheria, anche se io mi sento di andare controcorrente e consigliare le ottime ceviche del ristorante La Cancha.





Da Cartagena, con una traversata in motoscafo di un’ora, concludo la mia vacanza all’insegna del relax a Isla Grande, nell’arcipelago delle Islas del Rosario. Le isole possono essere visitate in giornata, ma per apprezzare al meglio la semplicità e tranquillità di questi angoli di paradiso, è consigliabile passare almeno una notte sull’isola: quando i turisti di giornata abbandonano la spiaggia, allora inizia la vera magia.


Il Tour della Colombia in breve e le tappe imperdibili
- Bogotà: Monserrate, Museo del Oro, Museo Botero, Candelaria, Graffiti Discrict Tour
- Desierto del Tatacoa: Deserto Rosso, Deserto grigio, lezione di astronomia sotto le stelle
- Eje Cafetero: Salento, Filandia, Valle del Cocora, Carbonera, downhill, tour di una finca del caffè
- Medellin: Giardini Botanici, tour della Comuna 13, Museo di Arte Moderna
- Minca: Cascadas Marinka, tour di una Finca del cioccolato, bird-watching
- Tayrona National Park (from Calabazo to El Zaino)
- Cartagena: Getsemani, San Diego, città murata
- Islas del Rosario (Isla Grande)
Consigli generali per un viaggio in Colombia:
- Consigliabile acquistare una SIM locale, l’operatore con la migliore copertura è Claro
- In molti posti le carte di credito non sono accettate, è bene avere sempre contanti, da cambiare o prelevare nelle grandi Città, in quanto in quelle piccole non sono presenti bancomat o uffici di cambio
- La Colombia ha una grande varietà di frutta, imperdibile la Granadilla, che ricorda per consistenza un passion fruit, ma risulta molto più dolce.
- Tra i piatti tipici, meritano una menzione le Arepas, il Sancocho e l’Ajiaco (zuppe a base di pollo ricche di sapore) e, sulla costa, il Ceviche
- Tra le bevande, imperdibili agua de panela, cioccolata calda (molto diversa da quella a cui siamo abituati), succo di canna da zucchero, lemonada de coco, Canelazo con uno shottino di aguardiente. Le birre sono molto popolari, tra tutte Águila, Club Colombia e Poker, ma la migliore è la più rara Tres Cordilleras. Assolutamente da provare le micheladas, soprattutto quella al tamarindo.